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Dinamica e monitoraggio del potassio a lungo termine nella insufficienza cardiaca e rischio di mortalità


Il valore prognostico della dinamica e del monitoraggio del potassio a lungo termine nella insufficienza cardiaca non è stato completamente caratterizzato.
Si è cercato di determinare l'associazione tra valori di potassio sierico raccolti al follow-up e mortalità per tutte le cause in una coorte prospettica di pazienti dimessi da un precedente ricovero per insufficienza cardiaca acuta.

Il potassio sierico è stato misurato a ogni incontro medico-paziente, compresi i ricoveri ospedalieri e le visite ambulatoriali.
Il campione di studio ha incluso 2.164 pazienti per un totale di 16.116 osservazioni di potassio.
Il potassio medio alla dimissione era pari a 4.3 mEq/l.

L'ipokaliemia ( inferiore a 3.5 mEq/l ), normokalemia ( 3.5-5.0 mEq/l ) e iperkaliemia ( superiore a 5 mEq/l ) sono state osservate all'ammissione indice in 77 ( 3.6% ), 1.965 ( 90.8% ) e 122 ( 5.6% ) pazienti, rispettivamente.

A un follow-up mediano di 2.8 anni, sono morti 1.090 pazienti ( 50.4% ).

Su una scala continua, l'associazione aggiustata multivariata tra valori di potassio e mortalità ha rivelato una associazione non-lineare a forma di U con un rischio più elevato ad entrambe le estremità della sua distribuzione ( omnibus P=0.001 ).

Allo stesso modo, gli hazard ratio ( HR ) aggiustati per ipokaliemia e iperkaliemia, con normokalemia come riferimento, sono stati 2.35 ( P=0.001 ) e 1.55 ( P=0.011 ), rispettivamente ( omnibus P=0.0003) .

Inoltre, i cambiamenti dinamici nel potassio sono risultati indipendentemente associati a sostanziali differenze nel rischio di mortalità.

La normalizzazione del potassio è stata associata indipendentemente a un rischio di mortalità più basso ( P=0.001 ).

I livelli sierici di potassio durante il monitoraggio a lungo termine sono stati indipendentemente associati alla mortalità nei pazienti con insufficienza cardiaca.
Allo stesso modo, la persistenza di livelli anormali di potassio è stata correlata a un più alto rischio di morte rispetto ai pazienti che mantenevano o ritornavano ai valori normali. ( Xagena2018 )

Núñez J et al, Circulation 2018; 137: 1320-1330

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